domenica 23 ottobre 2011

POLONIA: Strane geografie elettorali







Un’occhiata alle mappe elettorali della Polonia mostra una impressionante continuità tra il 2007 e il 2011 nella divisione est-ovest del paese. La linea divisoria del paese, che rispecchia il confine della Prussia rispetto alla “Polonia del congresso” zarista e alla Galizia austro-ungarica (1815-1919), sembra anzi approfondirsi, con PiS sempre più radicato all’est e PO all’ovest. Uniche differenze sostanziali, PiS guadagna alcuni centri urbani nel sud-est, ma li perde in Alta Slesia.

E’ una Polonia un po’ prussiana, quella che governa dal 2007? La geografia elettorale lo lascerebbe pensare, e anche il carattere politico ed economico del governo Tusk sembra andare nella stessa direzione. D’altronde, il paese ha ormai guadagnato il titolo di “nuova Germania”: per la crescita economica sostenuta, il ruolo di leader regionale dei nuovi paesi membri, e non ultimo per l’integrazione economica industriale tra le imprese delle due sponde dell’Oder-Neisse.

In effetti, diversi set di fattori possono essere ipotizzati per una tale divisione, senza ricorrere alla resurrezione delle identità storiche.
In primo luogo, esiste un gradiente economico-urbano da ovest a est, tra territori più urbanizzati e sviluppati, all’ovest, rispetto alle aree più rurali e povere dell’est (come si nota anche nella mappa della rete ferroviaria polacca). Le maggiori città, anche all’est, votano più liberale, mentre le aree conservatrici all’ovest fanno soprattutto riferimento a zone di miniere.

Una seconda serie di fattori potrebbe essere relativa al ruolo e al peso della Chiesa cattolica, più forte all’est che all’ovest. Da una parte perché circoscritta, sotto i prussiani, dalla politica bismarckiana del kulturkampf , mentre libera e identitariamente centrale nelle zone zariste e austro-ungariche.  Dall’altra, perché nei territori appena acquisiti all’ovest, e dove si stabilirono nuove popolazioni in fuga dai territori persi ai sovietici, il partito comunista poté avere più presa, rispetto alle reti smagliate della Chiesa cattolica.

Nell’attesa di studi approfonditi sulla materia, resta sempre valido ciò che si sente dire a Poznan e Torun: “Varsavia è già Russia”.

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