lunedì 24 ottobre 2011

TURCHIA: L’Onu chiede più indipendenza per la magistratura e più garanzie per gli imputati

Pubblicato su EastJournal, 24 ottobre 2011


Per una volta non è l’Europa a fare le pulci alla Turchia: il richiamo al governo di Erdogan arriva direttamente dal Relatore Speciale ONU per l’indipendenza dei giudici e degli avvocati, Gabriela Knaul, che ha chiesto alle autorità turche di adottare misure supplementari per garantire l’effettiva indipendenza e l’imparzialità del sistema giudiziario.

Al termine di una visita di cinque giorni ad Ankara, Istanbul e Diyarbakir, Knaul ha lodato le recenti riforme costituzionali sul Consiglio superiore della magistratura, ma ha sottolineato come esse vadano portate avanti per garantire l’effettiva indipendenza del potere giudiziario dall’esecutivo: “il ministro della giustizia presiede ancora il Consiglio superiore e autorizza le indagini condotte da questo corpo. E’ necessario un Consiglio superiore totalmente indipendente dal potere esecutivo, strutturalmente, funzionalmente ed in pratica.”
Altri punti richiamati da Knaul nel suo incontro con la stampa includono:
  • l’accesso alla giustizia
  • le garanzie del giusto processo, e il rispetto dei principi di imparzialità e di parità delle armi. La necessaria parità tra avvocati, giudici e pubblici ministeri è messa a rischio dal rapporto troppo stretto tra questi ultimi due;
  • il diritto alla difesa legale, specialmente nel caso dei processi per terrorismo e criminalità organizzata, che includono restrizioni alle garanzie procedurali;
In uno stato democratico, basato sullo Stato di diritto, un sistema giudiziario indipendente e imparziale è una garanzia fondamentale per la società nel suo complesso“, ha detto Knaul.
I punti su cui il relatore speciale si è soffermata richiamano pressoché negli stessi termini quelli che sono da sempre i maggiori punti di contenzioso tra la Turchia e la Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU), in relazione specialmente all’art. 6 della Convenzione, relativa al giusto processo ([1], [2]).
Se già ampi passi sono stati fatti per il miglioramento del sistema della giustizia in Turchia, Knaul ricorda come altri siano ancora da fare. Che l’invito venga, per una volta, non da quell’Unione Europea su cui inizia ad aleggiare il sospetto tra Ankara ed Istanbul, né dalla Corte di Strasburgo, ma da un corpo di maggior imparzialità quale l’ONU, può far sperare nella migliore accoglienza di un tale invito alla riforma.

domenica 23 ottobre 2011

POLONIA: Destra e sinistra dopo le elezioni

 Pubblicato su EastJournal,  21 ottobre 2011

Stabilità ed egemonia a destra
Piattaforma Civica (PO) e Diritto e Giustizia (PiS) si confermano stabili, e sembrano ipotecare un posto centrale nel bipolarismo polacco per il prossimo decennio. PO mantiene la maggioranza relativa; PiS mantiene i livelli del 2007 e dimostra che un terzo dell’elettorato polacco è convintamente e stabilmente conservatore. Il centrodestra conferma così la sua egemonia nel sistema politico polacco (PO e PiS sono membri rispettivamente di PPE e ECR al Parlamento Europeo), con la diretta discendenza dall’esperienza di Solidarnosc contro il regime socialista, mentre anche gli agrari del Partito Popolare Polacco (PSL) tengono sul 10% e si confermano alleato necessario e sufficiente per Tusk;

Ricomposizioni a sinistra /1: la fronda radicale di Palikot
Se il panorama di centrodestra sembra strutturato ed egemonico, la sinistra è minoritaria e soggetta a forti ricomposizioni. La maggior novità deriva dalla discesa in campo e dal successo del Movimento di Janusz Palikot (RP), miliardario ex-PO che, con una campagna elettorale radicale ed anti-clericale (liberalizzazione delle droghe leggere e delle restrizioni all’aborto, diritti civili per gli omosessuali, fine dell’educazione cattolica nelle scuole pubbliche), ha raccolto in meno di due mesi il 10% dei voti, sottraendoli soprattutto ai socialdemocratici di SLD, il cui leader Napieralski si è dimesso subito dopo il voto per il magro risultato del partito.
Palikot è un personaggio emblematico della modernizzazione e spettacolarizzazione della politica anche in Polonia: incrocio tra il Berlusconi e il Pannella degli anni ’90, ha raccolto soprattutto i voti dei giovani e delle classi urbane, liberali in economia tanto quanto nell’etica pubblica. A queste, se PO offriva una prospettiva di liberalismo economico ma accoppiata ad una piattaforma morale filo-cattolica, SLD proponeva una protezione dei diritti sociali e l’allargamento dei diritti civili, ma accompagnata ad una politica economica troppo statalista. Palikot ha azzeccato l’accoppiata tra liberalismo economico e sociale, colmando un vuoto nell’offerta politica e vedendosi subito ricompensato.
Con Palikot sono entrati al Sejm, per la prima volta, un transessuale e due afro-polacchi. Sembra di essere anni luce, ma erano solo 4 anni fa quando sugli stessi banchi parlamentari sedevano i deputati ultraconservatori di Autodifesa e della Lega delle Famiglie Polacchi. Come scrive Gian Marco Mele, “il successo di Palikot mostra come la società polacca sia molto meno conservatrice della sua classe politica e della sua stessa rappresentazione interna ed esterna (ancora legata alla figura di Karol Woytila),  ma anche di come l’immagine di uomo di  successo unita a metodi di propaganda populista attragga le simpatie dell’elettorato.
 
Ricomposizioni a sinistra /2: serve una rifondazione per i socialdemocratici
Agli eredi di Napieralski e di SLD resterà da fare una seria riflessione nel futuro prossimo. Il partito, già maggioranza relativa nel 1993-97, deve ritrovare una linea politica appetibile. Una evoluzione “rosso-verde”, nel segno dell’ecologismo, sembra improbabile: la Polonia resta uno dei maggiori inquinatori di CO2 in Europa, con le sue centrali a carbone, e lo sviluppo economico ha ancora la priorità rispetto alla sensibilità ambientalista. Dall’altra parte, forse posizioni di “new left” laburista potrebbero essere appetibili per l’elettore polacco, per il quale i nuovi diritti contano, ma lo statalismo economico resta indigeribile. Il prossimo congresso socialdemocratico dovrà prendere delle decisioni.

POLONIA: Una democrazia consolidata


 Pubblicato su EastJournal, 19 ottobre 2011

Quando un’elezione si conclude con la riconferma del governo in carica, solitamente c’è poco da dire e da scrivere. Non così per le elezioni di ottobre in Polonia. Una normalizzazione, tra stabilità e novità, che sembra farci dare l’addio alla Polonia dei clichè.

Consolidamento del sistema politico
In scienza politica, si definisce consolidato un sistema politico quando gli stessi partiti e/o schieramenti si presentano per due elezioni di fila. La Polonia ci era arrivata già cinque anni fa (elezioni 2001 e 2005), ma oggi Donald Tusk ottiene un secondo passo, conquistando una rielezione per la prima volta nei vent’anni di democrazia polacca.
Tanto per fare un paragone, il sistema politico italiano non è affatto consolidato in questi termini. Abbiamo lo stesso premier del 1994, ma i partiti del 2006 non sono gli stessi del 2008, e nessun premier è mai stato rieletto nelle scorse cinque tornate elettorali. Sono lontani i tempi dello spauracchio delle “elezioni alla polacca”, quando nel 1991 nessun partito ottenne più del 13% al Sejm.

Solo metà Polonia al voto
Il livello di affluenza al voto (48%), scarso per gli standard di molti paesi dell’Europa occidentale, è comunque nella media delle sei tornate elettorali precedenti (tra 43% e 54%); è stato piuttosto il valore del 2007, un 54% ad essere un’eccezione spiegata dal forte valore emotivo di tali elezioni.
La Polonia è penultima nella classifica della partecipazione al voto, ma comunque tra Stati Uniti (48%) e Svizzera (54%), due democrazie ben raramente messe in discussione. L’Italia, che nella stessa classifica al 90% è al terzo posto nei sistemi di voto non obbligatorio dopo Malta e Austria, ha una storia e fondamenti di cultura politica differenti, ma la partecipazione al voto dei polacchi resta su livelli molto più bassi dei loro vicini cechi, slovacchi o ungheresi. Linz & Stepan (1996: 255) hanno provato a delineare le ragioni della bassa partecipazione al voto dei polacchi, concentrandosi sulla opposizione tra una società civile “etica”, costruitasi negli anni ’80 come opposizione morale ad un comunismo autoritario, ed una società politica che ha mantenuto i caratteri dell’ambiguità nella transizione dal vecchio al nuovo sistema. Come scrivono (p. 272), “sfortunatamente, il cammino da pioniere della Polonia verso la transizione democratica attraverso una società civile etica crea inevitabilmente discorsi e pratiche che, finché non saranno trasformate, genereranno problemi sistematici per la creazione di una società politica democratica”. L’analisi è del 1996, ma per quanto riguarda i livelli di partecipazione al voto sembra che poco sia cambiato da allora.

Una campagna elettorale tranquilla e moderna
Nonostante i timori e alcuni scossoni dell’ultimo momento, la campagna elettorale si è svolta serenamente, senza turbare più di troppo gli impegni istituzionali del governo nel quadro della Presidenza del Consiglio dei ministri dell’UE. Il rapporto tra politici ed elettori è stato soprattutto mediato dalle agenzie di pubblicità politica – un’altra evoluzione del sistema polacco – con una prevalenza dei messaggi attraverso i media, tradizionali e no, piuttosto che attraverso i raduni di piazza.
Per quanto riguarda la rappresentanza femminile, il 23% dei neo-deputati è donna: una percentuale quasi doppia rispetto all’Italia. Già a livello di lista, il sistema delle “quote rosa” garantisce il 35% dei posti alle candidate.
Queste elezioni rappresentano dunque un rafforzamento della democrazia polacca. Il consolidamento del sistema politico e una campagna elettorale moderna e misurata, allontanano una volta per tutte la Polonia dai clichés del passato

POLONIA: Strane geografie elettorali







Un’occhiata alle mappe elettorali della Polonia mostra una impressionante continuità tra il 2007 e il 2011 nella divisione est-ovest del paese. La linea divisoria del paese, che rispecchia il confine della Prussia rispetto alla “Polonia del congresso” zarista e alla Galizia austro-ungarica (1815-1919), sembra anzi approfondirsi, con PiS sempre più radicato all’est e PO all’ovest. Uniche differenze sostanziali, PiS guadagna alcuni centri urbani nel sud-est, ma li perde in Alta Slesia.

E’ una Polonia un po’ prussiana, quella che governa dal 2007? La geografia elettorale lo lascerebbe pensare, e anche il carattere politico ed economico del governo Tusk sembra andare nella stessa direzione. D’altronde, il paese ha ormai guadagnato il titolo di “nuova Germania”: per la crescita economica sostenuta, il ruolo di leader regionale dei nuovi paesi membri, e non ultimo per l’integrazione economica industriale tra le imprese delle due sponde dell’Oder-Neisse.

In effetti, diversi set di fattori possono essere ipotizzati per una tale divisione, senza ricorrere alla resurrezione delle identità storiche.
In primo luogo, esiste un gradiente economico-urbano da ovest a est, tra territori più urbanizzati e sviluppati, all’ovest, rispetto alle aree più rurali e povere dell’est (come si nota anche nella mappa della rete ferroviaria polacca). Le maggiori città, anche all’est, votano più liberale, mentre le aree conservatrici all’ovest fanno soprattutto riferimento a zone di miniere.

Una seconda serie di fattori potrebbe essere relativa al ruolo e al peso della Chiesa cattolica, più forte all’est che all’ovest. Da una parte perché circoscritta, sotto i prussiani, dalla politica bismarckiana del kulturkampf , mentre libera e identitariamente centrale nelle zone zariste e austro-ungariche.  Dall’altra, perché nei territori appena acquisiti all’ovest, e dove si stabilirono nuove popolazioni in fuga dai territori persi ai sovietici, il partito comunista poté avere più presa, rispetto alle reti smagliate della Chiesa cattolica.

Nell’attesa di studi approfonditi sulla materia, resta sempre valido ciò che si sente dire a Poznan e Torun: “Varsavia è già Russia”.

domenica 9 ottobre 2011

POLONIA: Vigilia del voto. I partiti minori saranno l’ago della bilancia

Pubblicato su EastJournal, 9 ottobre 2011


Outlook uncertain”, titola il Warsaw Business Journal sulle elezioni polacche, con una metafora economica. In pochi mesi, quella che sembrava dover essere una passeggiata per un governo stabile e popolare rischia di trasformarsi in una trappola che potrebbe restituire alla Polonia uno scenario politico frammentato ed un governo più debole. 

I sondaggi di venerdì 7 ottobre, ultimo giorno di campagna prima del silenzio elettorale, danno Piattaforma Civica (PO), il partito centrista del premier Donald Tusk, in risalita al 39% contro il 29% del partito di destra Diritto e Giustizia (PiS) dello sfidante ed ex-premier Jaroslaw Kaczynski. A seguire in parità il 10% del Movimento Palikot (RP), nuovo soggetto politico liberale ed anti-clericale, il 9% degli agrari del Partito Popolare Polacco (PSL), alleati di Tusk, e il 9% dell’Alleanza Democratica di Sinistra (SLD). Se tali valori dovessero essere confermati alle urne, Tusk vedrebbe salva la poltrona da premier, ma dovrebbe allargare la coalizione PO-PSL ad un altro partito, RP o SLD, con un laborioso processo di negoziazione post-elettorale. Dall’altra parte, Kaczynski deve sperare in una volata dell’ultimo momento per raggiungere i voti necessari a formare una maggioranza: dei tre partiti minori, solo gli agrari non hanno escluso di entrare in coalizione con i conservatori.

D’altronde, PO ha sempre avuto maggiori difficoltà a mobilitare i propri elettori, mentre PiS è sempre risultata sottostimata dai sondaggi: secondo una ricerca, un terzo degli elettori conservatori sono molto attenti ad esprimere le proprie idee politiche, contro solo il 12% degli elettori di PO. Un po’ come avviene in Italia per gli elettori di Lega e PdL, sembra che le idee conservatrici siano meno accettate nel dibattito pubblico e si esprimano prevalentemente nelle urne. Ad oggi, le possibilità di vittoria dei due candidati potrebbero quindi essere realisticamente paritarie. Tusk ha passato la chiusura della campagna elettorale in Slesia, dove la fedeltà degli elettori autonomisti del RAS al governo è tutta da conquistare, mentre Kaczynski ha preferito terminare a Gdansk, per rimarcare le radici del suo partito nell’esperienza di Solidarnosc.

Proprio per mobilitare gli elettori ancora indecisi e la propria base elettorale disillusa (secondo alcuni, fino al 20-25% degli aventi diritto al voto), tanto Kacynski quanto Tusk, al termine di una campagna elettorale dai toni relativamente pacati, hanno puntato sul discredito e la demonizzazione dell’avversario. Tusk sa che la sua risorsa di maggior valore è il pessimo ricordo, per la maggioranza dei polacchi, del biennio 2005-2007 di governo Kaczynski; gli ultimi cartelloni elettorali riprendono come spauracchio alcuni dei gruppi sociali più conservatori e sostenitori dello sfidante premier. Da una parte i “difensori della croce”, con riferimento alle proteste di piazza relative alla rimozione della croce di legno piantata davanti al palazzo presidenziale in memoria di Lech Kaczynski, presidente della Repubblica morto nel disastro aereo di Smolensk nell’aprile 2010; dall’altra parte, certi hooligan, come Staruch, leader degli ultras della Legia Warszawa, recentemente arrestato e definito da Kaczynski un “patriota”. “Loro vanno a votare, e tu?” è lo slogan, provocatorio ed emozionale, e sul limite del politicamente corretto, ma che potrebbe effettivamente servire a mobilitare quegli elettori che voterebbero PO pur come diceva Montanelli “turandosi il naso”, per evitare un ritorno al potere dei conservatori.

Dall’altra parte, Kaczynski ha puntato sull’impresentabilità di Janusz Palikot (RP), ex-PO candidato su una piattaforma decisamente radicale per gli standard polacchi, con venature anti-clericali e la proposta di legalizzazione delle droghe leggere. “Lunedì Palikot potrebbe essere al governo”, recitano i cartelloni di PiS. L’effettivo risultato elettorale del Movimento Palikot resta un’incognita: Tusk si è affrettato a smentire ogni possibile cooperazione con Palikot, per non rischiare di perdere i voti moderati. Inoltre, Kaczynski ha rinfrescato l’immagine del partito con una “operazione Carfagna”, sparpagliando una decina di belle e giovani ragazze in vari collegi elettorali, per fare dei conservatori un partito “cool” e attrarre i voti dei giovani sotto i 25 anni.

Il ruolo della Presidenza della Repubblica, in uno scenario post-elettorale in cui Kaczynski dovesse risultare vincitore, è comunque da verificare. Il presidente Komorowski (PO) ha il potere costituzionale di affidare il mandato per la formazione del governo, ma non è detto che debba selezionare il leader del maggior partito. Un suo consigliere ha detto alla stampa, nei giorni scorsi, che in caso di vittoria elettorale del PiS Komorowski potrebbe comunque selezionare un politico differente, soprattutto nel caso in cui PiS non avesse chance di formare una coalizione di maggioranza in parlamento. Komorowski si troverebbe così in condizione di king-maker, di fronte ad un Tusk costretto a formare un governo di minoranza o addirittura a cedere il posto al leader degli agrari Pawlak, e ad un agguerrito Kaczynski che potrebbe passare la prossima legislatura a lamentare la vittoria scippata.

Le prospettive post-elettorali di una coalizione anti-conservatrice allargata non sono comunque semplici: solo per quanto riguarda l’economia, PO e RP hanno una piattaforma liberale, PSL punta ad assistere la propria base elettorale rurale, mentre SLD punta ancora sul ruolo dello stato in economia. Tusk ha proclamato che solo un suo rinnovato governo potrebbe impedire a Varsavia di “fare la fine della Grecia”, ma una coalizione allargata si troverebbe comunque di fronte a molte più difficoltà nel trovare una linea politica comune, indebolendo il governo. I risultati dei partiti minori saranno quindi vitali per capire che tipo di governo siederà a Varsavia nei prossimi quattro anni.

lunedì 3 ottobre 2011

POLONIA: elezioni, meno sette

Pubblicato su East Journal, 3 ottobre 2011

Manca una settimana alle elezioni, e qualcuno nell’entourage del principale partito di governo a Varsavia, Piattaforma Civica (PO), inizia a sudare freddo. Diversi sondaggi danno l’attuale coalizione ancora in vantaggio, ma con un margine troppo basso per garantire sicurezza, e con una serie di possibili sorprese: dal voto dei giovani, alla possibile exploit del maverick Palikot.

Gli ultimi sondaggi danno Piattaforma Civica, del premier Donald Tusk, al 34%, contro Diritto e Giustizia (PiS), dell’ex premier Jaroslaw Kaczynski, al 29%. In seconda linea, si troverebbero pressoché ex aequo il Partito agrario PSL, partner di coalizione di Tusk (6%), il nuovo Movimento Palikot (RP), guidato da un controverso e radicale ex membro di PO, in forte crescita (6%), e i socialdemocratici di SLD, in discesa (8%). Come ha fatto PO a perdere terreno, quando fino a pochi mesi fa la rielezione per Tusk sembrava sicura, tanto da spingere il governo a calendarizzare la tornata elettorale durante la presidenza dell’Unione?

Da una parte PO sembra aver perso il voto dei giovani, che erano stati fondamentali per il suo successo nel 2007. Nelle città, dove PO ancora distanzia grandemente PiS, i giovani di più in più liberali sentono il richiamo di Janusz Palikot, che invoca la “modernizzazione” della Polonia. La piattaforma politica di Palikot, anti-clericale e anti-conservatrice, include la liberalizzazione delle droghe leggere, meno restrizioni all’aborto e la fine dell’educazione cattolica nelle scuole pubbliche: tutti temi su cui PO arranca, frenato dalle radici cattolico-laburiste di Solidarnosc e dall’ancoraggio nel PPE europeo, oltre che dalla sua base elettorale sempre più anziana. Palikot, inoltre, incarna il modello dell’imprenditore di successo, che per la sua ricchezza è considerato lontano dalla corruzione e genuinamente interessato a modificare lo status quo: un mix di Berlusconi e Pannella in salsa polacca, lontano dallo stile soft di Tusk.

Nelle campagne, al contrario, i giovani sentono il richiamo del PiS di Kaczynski, che ultimamente si è assicurato il supporto di alcuni musicisti punk, rock e rap. PiS si propone inoltre come partito “anti-establishment”, attraente per quei giovani che non sono riusciti, pur durante la crescita economica degli ultimi anni, a garantirsi un posto di lavoro fisso e soddisfacente. Lo stile della campagna elettorale di Jaroslaw Kaczynski, che per una volta ha evitato i toni forti e condotto una serie di comizi elettorali dal basso, sembra mettere all’angolo anche la tradizionale strategia di Tusk, volta a mobilitare gli elettori indecisi attraverso lo spauracchio di una ripetizione del “governo dei gemelli” del 2005-2007, un’esperienza conservatrice-populista che anche la Polonia moderata considera fallimentare.

Piattaforma Civica è oggi sulla difensiva: lo slogan “Faremo di più” sembra una goffa replica al “La Polonia merita di più” del PiS. La sua immagine è appannata da un programma elettorale anodino e senza grandi sorprese, e da un impegno sul fronte europeo, per via della Presidenza rotativa, che in questo periodo di crisi dell’euro potrebbe costituire un boomerang piuttosto che un effetto-vetrina.

Il risultato dei tre partiti minori potrebbe inoltre condizionare la vita di un ipotetico secondo mandato di Tusk. Tutti e tre i partiti sono potenziali partner di coalizione di PO, ma la convivenza al governo avrebbe un diverso sapore in base all’alleanza. Se la collaborazione con gli agrari di Pawlak si è già dimostrata fattibile, una coalizione con Palikot, personaggio radicale e dalla forte personalità, potrebbe riservare sorprese e nodi difficilmente risolvibili; infine, un’alleanza con i post-comunisti di SLD esporrebbe il governo alla rinnovata retorica anticomunista del PiS.

Dall’altra parte, Piattaforma Civica dimostra di tenere relativamente bene, in un contesto in cui tutti i partiti al governo hanno sempre pesantemente subito alle successive elezioni negli scorsi vent’anni. Se Tusk riuscirà a tenere duro e rilanciare negli ultimi giorni di campagna elettorale, mobilitando gli elettori indecisi e riconquistando i giovani, PO potrebbe vantare anche in futuro un ruolo di attore-perno del sistema politico polacco. Ma le sorprese, oggi a Varsavia, sembrano dietro l’angolo.

Per una breve guida ai partiti polacchi durante queste elezioni:
http://www.thenews.pl/1/9/Artykul/55905,Polish-Election-2011-made-simple-Part-1
http://www.thenews.pl/1/9/Artykul/56008,Polish-Election-2011-made-simple-%E2%80%93-Part-2
http://www.thenews.pl/1/9/Artykul/56078,Election-2011-made-simple-%E2%80%93-Part-3