venerdì 30 settembre 2011

Diritti umani e democrazie mediterranee: proposte per due passi concreti

Pubblicato su East Journal, 1° ottobre 2011

La proposta di adesione alla Convenzione-Quadro del Consiglio d’Europa per la protezione delle minoranze nazionali, e uno statuto di osservatore e di associazione al Consiglio d’Europa: due passi necessari per ancorare la democratizzazione dei nuovi regimi arabi

Qualche giorno fa ho aperto il dibattito proponendo l’apertura del Consiglio d’Europa e della sua Convenzione Europea dei Diritti Umani (CEDU) ad Israele ed alle nuove democrazie mediterranee in nascita. In effetti la proposta è difficile, e difficilmente sarà presa in considerazione, poiché necessita di una revisione dei trattati del Consiglio d’Europa che potrebbe dare adito agli stati più scontenti della giurisprudenza della Corte di Strasburgo (Russia, ma anche Regno Unito) di chiedere ulteriori modifiche in senso restrittivo. Avanzo allora un altro paio di proposte, fattibili qui e ora.

-          L’adesione alla Convenzione-Quadro del Consiglio d’Europa per la protezione delle minoranze nazionali
A differenza della CEDU, la Convenzione-Quadro del 1995 (in vigore dal 1998) è un trattato aperto tanto agli stati membri del Consiglio d’Europa quanto ad altri stati non membri. L’adesione degli stati mediterranei darebbe un importante segnale perché anche quegli stati europei che ancora non l’hanno ratificata (Belgio, Grecia, Islanda) o nemmeno firmata (Francia, Turchia) lo facciano al più presto.
La Convenzione-Quadro è uno strumento di diritto internazionale più soft rispetto alla CEDU: non è direttamente applicabile nelle corti nazionali, e contiene degli impegni abbastanza vaghi per gli stati parte (ad esempio, non dà una definizione di minoranza nazionale). Dall’altra parte, essa contiene il decalogo dei diritti fondamentali della CEDU, meccanismo pensato già dall’inizio per gli stati post-socialisti dell’Europa orientale che ancora non erano membri del Consiglio d’Europa. Oltre alle libertà linguistiche (nomi, toponimi, uso della lingua minoritaria con la pubblica amministrazione) ed educative (libertà d’insegnamento della e nella lingua minoritaria), la Convenzione-quadro prevede il divieto di assimilazione forzata e l’obbligo di non limitare i contatti transfrontalieri.
Il meccanismo di controllo della Convenzione, relativamente complesso e di tipo diplomatico,  prevede dei rapporti nazionali e tematici periodici, redatti da un comitato di esperti con la possibilità di compiere missioni sul campo, e seguito da eventuali commenti dello stato in oggetto: un processo di naming & shaming che può condurre ad un miglioramento della situazione dei diritti delle minoranze.

Lo statuto di osservatore e di associazione al Consiglio d’Europa
Una seconda modalità, fattibile qui e ora, per sostenere la democratizzazione dei regimi mediterranei, è quella di offrire uno statuto di osservatore, e in seguito di stato associato, al Consiglio d’Europa. Lo statuto di associazione era stato impiegato negli anni ’50 in relazione alla Saar, territorio sotto tutela internazionale, e alla Germania Ovest uscita dall’occupazione alleata, per poi entrare in disuso, mentre lo statuto di osservatore è concesso oggi a diversi paesi extraeuropei. Gli stati osservatori dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa (Israele, dal 1957, e il Marocco, dal 2011) potrebbero essere i primi ad ottenere lo statuto di associazione, seguiti poi dagli altri regimi, che potrebbero passare attraverso lo stesso statuto di osservatore. Tale riconoscimento non garantirebbe la possibilità di aderire alla CEDU, ma potrebbe essere utile come primo passo, permettendo la partecipazione ai lavori del Consiglio, con uno scambio di buone pratiche e una socializzazione dei delegati di tali stati al quadro europeo di promozione della democrazia e dei diritti umani. La stessa Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, nella sua riflessione del 2008 sullo statuto di stato osservatore (para.12), ha proposto che a tale statuto vengano fatti corrispondere impegni precisi, che lo stato osservatore si impegnerebbe a rispettare. Una tale prospettiva potrebbe costituire l’inizio di una riflessione su uno statuto di associazione al Consiglio d’Europa, che potrebbe implicare l’impegno degli stati extraeuropei associati al rispetto dei diritti umani fondamentali quali indicati nella CEDU (ad esempio attraverso la moratoria o l’abolizione della pena di morte in tempo di pace), anche senza che questa assuma valore legale nei loro confronti.

Con la proposta di adesione dei nuovi regimi mediterranei alla Convenzione-Quadro del Consiglio d’Europa per la protezione delle minoranze nazionali, e con il loro ingresso come osservatori, e in seguito associati, al Consiglio d’Europa, gli stati europei possono dare l’avvio ad un processo di ancoraggio alla democrazia e al rispetto dei diritti umani, che garantisca stabilità nel vicinato sud e prosperità nei suoi rapporti con l’Unione. Serve però agire ora: prima che l’inverno cali sulle primavere arabe, e prima che una nuova emergenza devii di nuovo l’attenzione delle diplomazie internazionali.

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